Franco Frabboni
1. Allarme rosso
GLI
ABITI DEI GIORNI DI FESTA.
Sipario, anzitutto, sul catastrofico
decennio
d’esordio del Ventunesimo secolo (2001-2011). Riflettori
accesi
sulle macerie lasciate nel belpaese dai Governi della Scuola
guidati
dalle catastrofiche ministre Moratti e Gelmini. Con una
eccezione:
il Governo/lampo di centro-sinistra (2006-2007) guidato, al dicastero
dell’istruzione, dal ministro Giuseppe Fioroni.
Letizia
e Mariastella licenziarono chirurgicamente, nel decennio di
debutto
del duemila, il glorioso arredo pedagogico didattico che
il
nostro Sistema di istruzione (a partire dal triangolo Scuola dell’
infanzia,
Scuola primaria e Scuola media) aveva esposto nell’ultimo
terzo
del Novecento negli Expo della vecchia Europa.
Parliamo
della stagione primaverile, profumata di primule e di viole,
costretta al congedo - a fine Secolo - da una Destra padronale
populista e classista: il cui peccato mortale fu di relegare nei
solai i suoi prestigiosi abiti della domenica. Confezionati
nella boutique della Scuola attiva, del Nuovo indirizzo didattico,
del Tempo pieno e del Sistema formativo integrato.
Siamo
dunque al cospetto degli abiti della festa. Ne sillabiamo alcuni.
La
collegialità
degli insegnanti e la partecipazione/gestione sociale dei
genitori.
L’accoglimento
dei soggetti disabili e degli allievi provenienti da
altre
etnie.
Un
insegnamento rispettoso degli stili cognitivi degli alunni.
L’interdisciplinarità,
il progetto didattico e la ricerca.
L’ambiente
sociale (la città) e naturale (la natura) elevato ad aula
didattica
decentrata. Ovvero, il riconoscimento pedagogico sia dei
laboratori,
sia degli atelier, sia delle aule
didattiche extramoenia.
Il
riferimento é alle Teche (ludoteche, biblioteche, museoteche,
pinacoteche,
musicoteche) e ai Parchi (i mondi ecologici).
Spegnere
nella Scuola questi punti/luce - certo, hanno costi elevati: chiedono
più spazi, più insegnanti, più arredi, più attrezzature
didattiche - significa non solo impoverirla e declassarla quanto a
cifre culturali ma soprattutto
porla fuori dall’Europa: sorda al grido d’allarme urlato all’ alba
del Secolo dal vecchio Continente.
Questo,
l’avvertimento dell’Unione europea.
Sta
avanzando verso le spiagge continentali una lunga onda neoanalfabetica
che si presenta come una vera e propria malattia comunitaria.
La
sua identità patogena si chiama “illitteratismo”, responsabile
dell’
addio
precoce delle competenze cognitive di base. Ovvero, del leggere
(la capacità di comprendere un testo per poi perdersi,
intellettualmente ed emotivamente, tra le sue pagine) e dello
scrivere (la capacità di comunicare
idee e sentimenti: anche contromano).
Scatta
un allarme rosso. Un urlo di Munch che denuncia la scomparsa, nelle
aule scolastiche, del libro e del quaderno.
La
risacca neoanalfabetica chiama la Scuola sul banco degli imputati.
Questo, l’avviso di garanzia. A partire dai tre lustri di debutto
del duemila,
il Sistema di istruzione del belpaese accusa cifre insopportabili di dispersione
intellettuale che vanno ben oltre i tassi ricorrenti di dispersione
materiale: le bocciature, gli abbandoni, i drop/out.
Rinforziamo
il concetto. I saperi curricolari soffrono sempre più di
una
precoce perdita cognitiva e di una debole conservazione temporale.
I
suoi alfabeti durano poco perché scompaiono rapidamente dal monitor
della mente infantile e adolescenziale. Siamo al cospetto di una
Scuola non più in grado di reggere il passo dei tempi: incapace di
proporsi
sia
come risorsa sociale, sia come risorsa culturale.
L’istruzione
dell’obbligo costituisce una fondamentale risorsa
produttiva
a patto che persegua questa equazione: Paese in salute
economica
uguale Paese più libero.
Attenzione,
però. L’istruzione è anche una ineludibile risorsa culturale
e
civile perché dà direzione e meta a un veliero di nome
Persona
che
rischia, oggi, un tragico naufragio. Travolto dal neoanalfabetismo;
ovvero,
dalle onde lunghe dei linguaggi e dei modelli standardizzati
di
vita quotidiana: affettivi, cognitivi e sociali.
Di
qui l’appello vibrante dell’Unione europea. Il compito della
Scuola
di
domani non è quello di azzerare i suoi alfabeti canonici, ma
piuttosto
di
riqualificarli e potenziarli nella direzione di una loro prolungata
conservazione
e manutenzione. Possibile, a patto di varare Riforme
istituzionali,
organizzative e curricolari in grado di ammodernare i
sistemi
formativi di un Paese.
2. Nel cielo
della Scuola strisce di carta volanti
In
questa prospettiva, intendiamo proporre alcune idee utili per
la
ricostruzione della Scuola del Ventunesimo secolo.
A
partire dai sette/Aquiloni che vorremmo inondassero il cielo del
comparto
formativo di base: avvolto oggi nel mantello della Scuola
comprensiva.
Parliamo di figure volanti abilitate a proteggere e a
valorizzare
la Scuola dell’infanzia, la Scuola primaria e la secondaria
di
primo grado.
IL
PRIMO AQUILONE:
volteggia nel cielo
della Lifelong education.
La
Scuola comprensiva ha il compito di assicurare agli allievi
una Formazione di base dotata di un bagaglio di saperi di lunga
durata cognitiva: nutriti di stimoli, di curiosità e di dubbi
intellettuali. Capaci di attrezzare le giovani generazioni ad
apprendere per tutta la vita. Sia per esercitare i propri diritti e
doveri di cittadinanza, sia per disporre delle competenze
necessarie per entrare nel mondo del lavoro, sia per testimo-niare -
tramite la Lifelong education - i valori universali della dignità e
del rispetto del soggetto/Persona lungo le stagioni della vita.
La
prospettiva della Formazione continua (la cui architrave di sostegno si
chiama Scuola dell’obbligo) ha il pregio di sottrarre l’istruzione
dall’ equazione
(univoca) Formazione uguale Mercato del lavoro.
Parliamo
del tunnel tutto/Economia che sta costringendo la Scuola non solo a
scivolare anticipatamente nel mondo dell’impresa (sede di donne e
di uomini “utili”), ma anche a battere la falsa pista asfaltata
dall’ideologismo
dei messaggi mediatici che conducono in derive anonime abitate
da soggetti/Massa.
IL
SECONDO AQUILONE:
presidia dall’alto
la Scuola pubblica.
Soltanto
ponendo la Scuola comprensiva alla rotonda della sempre
più
mutevole e complessa rete dei luoghi della Formazione si potranno
sfidare
e contrastare - con armi “plurali” (la Scuola pubblica è
l’agenzia educativa garante del rispetto delle culture: ovvero, del
pluralismo deipunti
di vista antropologici, etnici, religiosi) e “democratiche”
(la Scuola pubblica è l’agenzia educativa garante dell’accesso
alla conoscenze: dando di più a chi ha di meno) - le sacche di
marginalizzazione e di esclusione
dell’infanzia e dell’adolescenza tuttora presenti nel nostro Paese.
In
questa prospettiva, il Sistema pubblico di istruzione sarà in grado
di
tagliare il filo di lana - istituzionale e curricolare - che dà
accesso
a
una Scuola tre-volte-e: efficiente, efficace,
equa.
Una
Scuola efficiente
è possibile a partire dalla sua Autonomia.
Una
Scuola efficace
è possibile a partire dalla densità culturale e dalla spendibilità
sociale dei propri Saperi.
Una
Scuola equa
è possibile a partire dalla drastica riduzione dei suoi tassi di
Dispersione.
IL
TERZO AQUILONE:
protegge il
volo del diritto allo studio.
La
riforma democratica del Sistema di istruzione chiede una nuova
architettura
dei cicli scolastici: ovvero, una ingegneria istituzionale e
ordinamentale
più moderna e qualitativa.
Auspichiamo,
in proposito, un percorso formativo 0-18 scandito in
tre
comparti sessennali dotati di arcate temporali lunghe.
Determinanti,
se si intende elevare la qualità dell’insegnamento e dell’
apprendimento.
Un
primo ciclo
0-6
comprensivo del duplice comparto triennale dell’
Asilo
nido e della Scuola dell’infanzia.
Un
secondo ciclo 6-13 comprensivo del duplice comparto della
Scuola primaria (quadriennale, non più quinquennale) e della Scuola
secondaria di primo grado (triennale).
Un
terzo
ciclo 13-18
articolato in un primo biennio comune di Orienta-
mento
che guidi alla scelta - nell’ultimo triennio - tra il percorso
liceale e il percorso professionale. Quest’ultimo, con il compito
sia di completare il
curricolo secondario, sia di predisporre l’ingresso nel mondo del
lavoro
attraverso transiti didatticamente “assistiti”.
L’obbligo
scolastico è di dieci anni (6-l6). Il percorso/Scuola si
conclude
al diciottesimo anno di età (il più diffuso in Europa), e non più
nell’anomalo diciannovesimo di cui il belpaese è un antiquato
titolare.
Siamo
al cospetto di un progetto di Riforma che ridisegna il nostro
senescente
Sistema di istruzione e che scommette le sue fiches sulla
roulette
del diritto allo studio: di ingresso e di successo formativo
per
l’allieva
e per l’allievo. Parliamo di una scommessa obbligata, se si mira a
curare la malattia mortale - la Dispersione - che dissangua giorno
dopo giorno la Scuola di casa nostra.
IL
QUARTO AQUILONE:
porta tra le
stelle l’Autonomia
scolastica.
Sul
portone d’ingresso della Scuola comprensiva vorremmo ben visibileuna
parola al maiuscolo: Autonomia. Questa, conduce a un triplice traguardo
formativo del Sistema di istruzione.
La
prima
bandiera-a-scacchi
sventola nel nome dell’Allievo.
Soltanto un’istituzione scolastica responsabilizzata a decidere le
scelte delle
proprie
offerte formative è in grado di cogliere e di rispondere tempestivamente
ai bisogni dell’alunna e dell’alunno: le loro motivazioni, le
loro attitudini, le loro speranze e utopie.
La
seconda bandiera-a-scacchi
sventola nel nome della Scuola.
L’Autonomia
scolastica va elevata a punto di sintesi tra Stato, Regioni e Sistema
di istruzione. Siamo sul ponte di raccordo tra le macrodecisioni che
spettano al “centro” (al Ministero della pubblica istruzione) e le
microdecisioni che spettano alla “periferia” (alla Scuola
militante: responsabile
della progettazione del Piano dell’offerta formativa).
La
terza bandiera-a-scacchi sventola nel nome dei Luoghi dell’
apprendimento.
Da
una parte, gli spazi a misura prossemica della Classe. Questa, é
titolare
sia della disciplinarità, sia dell’unità didattica, sia dell’
individualizzazione
dei percorsi curricolari. Siamo al cospetto del
Mastery
learning. Ovvero, di una strategia di insegnamento a misura
cognitiva
di ogni allieva e di ogni allievo.
Dall’altra
parte, gli spazi a misura prossemica dell’Interclasse: ovvero,
dei
centri di interesse, degli atelier e dei laboratori. Questi, danno
voce e
protagonismo all’interdisciplinarità, al progetto didattico e alla
ricerca
di saperi inediti e inattuali.
IL
QUINTO AQUILONE:
fa girotondo
con le
conoscenze
plurali e
critiche.
Una
moderna e diffusa Formazione rivolta alle giovani generazioni
costituisce
un capitale culturale che nessuna nazione può permettersi
di
trascurare o inaridire. Anche perché l’onda mediatica degli
alfabeti
apre
lo spettro di un pensiero/unico privo del controllo cognitivo dei
messaggi
che affollano la cultura diffusa. Al punto da
essere costretto
a
pilotare una macchina della mente fuori-uso: inidonea a intercettare
criticamente e a selezionare la cultura di massa.
Al
cospetto di questi scenari “strappati”, la Scuola del nuovo
Millennio ha il dovere di garantire competenze capaci di conservare a
lungo le
conoscenze
che evaporano precocemente dalle menti delle giovani
generazioni.
Nell’odierna
stagione dell’omologazione e della standardizzazione dei saperi, il
Sistema di istruzione è chiamato a ergersi da trincea ultima in
difesa di menti plurali e critiche. Un baluardo
possibile. A patto che
sappia
dotare le infanzie e le adolescenze sia di una istruzione
socialmente
spendibile (in quanto moneta cognitiva in corso), sia
di
competenze fondate sull’imparare-a-imparare: complessuali e
trasversali.
Stiamo
parlando delle chiavi di accesso alle domande di senso e di
significato
che popolano la condizione esistenziale delle nuove
generazioni.
IL
SESTO AQUILONE:
sorride alla
Scuola dove
batte il cuore.
L’immagine
che illustra uno dei tanti fallimenti della Scuola
tradizionale
raffigura
una scolara e uno scolaro che nel momento in cui stanno per varcare
il suo portone vengono invitati a lasciare il loro “cuore” - i
loro
linguaggi
affettivi, emotivi, relazionali - fuori dai corridoi e dalle aule.
Sulle loro pareti si può nitidamente cogliere la cronica sordità
degli
insegnanti
nel decifrare la domanda di aiuto delle prime stagioni della
vita.
Come dire, raramente trovano ascolto e dialogo - a Scuola - i
linguaggi
affettivi, emotivi e relazionali degli allievi. A partire dalle loro
pulsioni vitali, dalle loro energie disordinate, dai loro slanci
esistenziali. Occorre voltare pagina. Assegnando al plesso
scolastico il compito di cancellare ogni traccia di incomunicabilità
e di silenzio (genera un clima autoritario
e direttivo) e di proporsi quale punto di incontro di ricche trame di
aggregazione-disaggregazione-riaggregazione socioaffettive:
cosparse di amicizia, di impegno e di cooperazione.
IL
SETTIMO AQUILONE:
le sue ali
certificano
la qualità dell’istruzione.
La
Scuola non produce merci di scambio per il fatto che non indossa la
veste di un’azienda. E’
un sistema formativo complesso che genera un“bene”
di nome Educazione. Questo, esige notevoli risorse finanziarie: basti
pensare agli ineludibili investimenti da destinare all’edilizia scolastica
e alle attrezzature didattiche.
In
quanto sistema organizzato, il Sistema pubblico di istruzione non può
sottrarsi dalle norme di accertamento (di verifica e di valutazione)
della sua efficienza istituzionale e della sua qualità
curricolare. I suoi polivalenti
e complessi dispositivi docimologici sono destinati al controllo sia
del rendimento degli allievi, sia dell’efficacia dei risultati
formativi.
Il
Sistema di istruzione ha il compito, pertanto, di documentare e di
fornire
una diagnosi ecosistemica dei discenti. Percorso possibile, a
patto
che gli allievi non siano misurati soltanto accertando i profitti
disciplinari:
“sincronici”. Per i quali la Scuola può avvalersi dell’
Istituto
nazionale di valutazione: Invalsi. Ma siano giudicati, anche,
nella
complessità dei loro rendimenti cognitivi e relazionali
tramite
pratiche valutative rigorosamente “diacroniche”.
Intendiamo
affermare che il Sistema pubblico di istruzione delega
all’Invalsi
la valutazione degli esiti disciplinari della sua utenza, ma
trattiene
e custodisce nelle proprie mani l’accertamento - tramite
pratiche
di autovalutazione - del rendimento complessivo della Scuola.
Sia
quanto a capacità di mettere in campo curricoli multidisciplinari e
di
ricerca trasversale e inquisitiva, sia quanto al suo porsi in-rete
con
altri
Sistemi di istruzione e con altre Istituzioni educative e culturali.
Infine,
l’accertamento ecosistemico di un Plesso non può trascurare
il
rigore del suo Piano dell’offerta formativa, la qualità dei suoi
insegnamenti
e la capitalizzazione della Formazione continua del suo policromo corpo
docente.
Numero diciassette di "Riforma della scuola" Maggio 2014