Friday, May 23, 2014

Sette aquiloni danzano. Un manifesto per la scuola comprensiva.

Franco Frabboni

1. Allarme rosso

GLI ABITI DEI GIORNI DI FESTA. Sipario, anzitutto, sul catastrofico
decennio d’esordio del Ventunesimo secolo (2001-2011). Riflettori
accesi sulle macerie lasciate nel belpaese dai Governi della Scuola
guidati dalle catastrofiche ministre Moratti e Gelmini. Con una
eccezione: il Governo/lampo di centro-sinistra (2006-2007) guidato, al dicastero dell’istruzione, dal ministro Giuseppe Fioroni.
Letizia e Mariastella licenziarono chirurgicamente, nel decennio di
debutto del duemila, il glorioso arredo pedagogico didattico che
il nostro Sistema di istruzione (a partire dal triangolo Scuola dell’
infanzia, Scuola primaria e Scuola media) aveva esposto nell’ultimo
terzo del Novecento negli Expo della vecchia Europa.
Parliamo della stagione primaverile, profumata di primule e di viole, costretta al congedo - a fine Secolo - da una Destra padronale populista e classista: il cui peccato mortale fu di relegare nei solai i suoi prestigiosi abiti della domenica. Confezionati nella boutique della Scuola attiva, del Nuovo indirizzo didattico, del Tempo pieno e del Sistema formativo integrato.
Siamo dunque al cospetto degli abiti della festa. Ne sillabiamo alcuni.
La collegialità degli insegnanti e la partecipazione/gestione sociale dei
genitori.
L’accoglimento dei soggetti disabili e degli allievi provenienti da
altre etnie.
Un insegnamento rispettoso degli stili cognitivi degli alunni.
L’interdisciplinarità, il progetto didattico e la ricerca.

L’ambiente sociale (la città) e naturale (la natura) elevato ad aula
didattica decentrata. Ovvero, il riconoscimento pedagogico sia dei
laboratori, sia degli atelier, sia delle aule didattiche extramoenia.
Il riferimento é alle Teche (ludoteche, biblioteche, museoteche, pinacoteche, musicoteche) e ai Parchi (i mondi ecologici).
Spegnere nella Scuola questi punti/luce - certo, hanno costi elevati: chiedono più spazi, più insegnanti, più arredi, più attrezzature didattiche - significa non solo impoverirla e declassarla quanto a cifre culturali ma soprattutto porla fuori dall’Europa: sorda al grido d’allarme urlato all’ alba del Secolo dal vecchio Continente.
Questo, l’avvertimento dell’Unione europea.
Sta avanzando verso le spiagge continentali una lunga onda neoanalfabetica che si presenta come una vera e propria malattia comunitaria.
La sua identità patogena si chiama “illitteratismo”, responsabile dell’
addio precoce delle competenze cognitive di base. Ovvero, del leggere (la capacità di comprendere un testo per poi perdersi, intellettualmente ed emotivamente, tra le sue pagine) e dello scrivere (la capacità di comunicare idee e sentimenti: anche contromano).
Scatta un allarme rosso. Un urlo di Munch che denuncia la scomparsa, nelle aule scolastiche, del libro e del quaderno.
La risacca neoanalfabetica chiama la Scuola sul banco degli imputati. Questo, l’avviso di garanzia. A partire dai tre lustri di debutto del duemila, il Sistema di istruzione del belpaese accusa cifre insopportabili di dispersione intellettuale che vanno ben oltre i tassi ricorrenti di dispersione materiale: le bocciature, gli abbandoni, i drop/out.
Rinforziamo il concetto. I saperi curricolari soffrono sempre più di
una precoce perdita cognitiva e di una debole conservazione temporale.
I suoi alfabeti durano poco perché scompaiono rapidamente dal monitor della mente infantile e adolescenziale. Siamo al cospetto di una Scuola non più in grado di reggere il passo dei tempi: incapace di proporsi
sia come risorsa sociale, sia come risorsa culturale.
L’istruzione dell’obbligo costituisce una fondamentale risorsa
produttiva a patto che persegua questa equazione: Paese in salute
economica uguale Paese più libero.
Attenzione, però. L’istruzione è anche una ineludibile risorsa culturale
e civile perché dà direzione e meta a un veliero di nome Persona
che rischia, oggi, un tragico naufragio. Travolto dal neoanalfabetismo;
ovvero, dalle onde lunghe dei linguaggi e dei modelli standardizzati
di vita quotidiana: affettivi, cognitivi e sociali.
Di qui l’appello vibrante dell’Unione europea. Il compito della Scuola
di domani non è quello di azzerare i suoi alfabeti canonici, ma piuttosto
di riqualificarli e potenziarli nella direzione di una loro prolungata
conservazione e manutenzione. Possibile, a patto di varare Riforme
istituzionali, organizzative e curricolari in grado di ammodernare i
sistemi formativi di un Paese.


2. Nel cielo della Scuola strisce di carta volanti

In questa prospettiva, intendiamo proporre alcune idee utili per
la ricostruzione della Scuola del Ventunesimo secolo.
A partire dai sette/Aquiloni che vorremmo inondassero il cielo del
comparto formativo di base: avvolto oggi nel mantello della Scuola
comprensiva. Parliamo di figure volanti abilitate a proteggere e a
valorizzare la Scuola dell’infanzia, la Scuola primaria e la secondaria
di primo grado.

IL PRIMO AQUILONE: volteggia nel cielo della Lifelong education.
La Scuola comprensiva ha il compito di assicurare agli allievi una Formazione di base dotata di un bagaglio di saperi di lunga durata cognitiva: nutriti di stimoli, di curiosità e di dubbi intellettuali. Capaci di attrezzare le giovani generazioni ad apprendere per tutta la vita. Sia per esercitare i propri diritti e doveri di cittadinanza, sia per disporre delle competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro, sia per testimo-niare - tramite la Lifelong education - i valori universali della dignità e del rispetto del soggetto/Persona lungo le stagioni della vita.
La prospettiva della Formazione continua (la cui architrave di sostegno si chiama Scuola dell’obbligo) ha il pregio di sottrarre l’istruzione dall’ equazione (univoca) Formazione uguale Mercato del lavoro.
Parliamo del tunnel tutto/Economia che sta costringendo la Scuola non solo a scivolare anticipatamente nel mondo dell’impresa (sede di donne e di uomini “utili”), ma anche a battere la falsa pista asfaltata dall’ideologismo dei messaggi mediatici che conducono in derive anonime abitate da soggetti/Massa.

IL SECONDO AQUILONE: presidia dall’alto la Scuola pubblica.
Soltanto ponendo la Scuola comprensiva alla rotonda della sempre
più mutevole e complessa rete dei luoghi della Formazione si potranno
sfidare e contrastare - con armi “plurali” (la Scuola pubblica è l’agenzia educativa garante del rispetto delle culture: ovvero, del pluralismo deipunti di vista antropologici, etnici, religiosi) e “democratiche” (la Scuola pubblica è l’agenzia educativa garante dell’accesso alla conoscenze: dando di più a chi ha di meno) - le sacche di marginalizzazione e di esclusione dell’infanzia e dell’adolescenza tuttora presenti nel nostro Paese.
In questa prospettiva, il Sistema pubblico di istruzione sarà in grado
di tagliare il filo di lana - istituzionale e curricolare - che dà accesso
a una Scuola tre-volte-e: efficiente, efficace, equa.
Una Scuola efficiente è possibile a partire dalla sua Autonomia.
Una Scuola efficace è possibile a partire dalla densità culturale e dalla spendibilità sociale dei propri Saperi.
Una Scuola equa è possibile a partire dalla drastica riduzione dei suoi tassi di Dispersione.

IL TERZO AQUILONE: protegge il volo del diritto allo studio.
La riforma democratica del Sistema di istruzione chiede una nuova
architettura dei cicli scolastici: ovvero, una ingegneria istituzionale e
ordinamentale più moderna e qualitativa.
Auspichiamo, in proposito, un percorso formativo 0-18 scandito in
tre comparti sessennali dotati di arcate temporali lunghe.
Determinanti, se si intende elevare la qualità dell’insegnamento e dell’
apprendimento.
Un primo ciclo 0-6 comprensivo del duplice comparto triennale dell’
Asilo nido e della Scuola dell’infanzia.
Un secondo ciclo 6-13 comprensivo del duplice comparto della Scuola primaria (quadriennale, non più quinquennale) e della Scuola secondaria di primo grado (triennale).
Un terzo ciclo 13-18 articolato in un primo biennio comune di Orienta-
mento che guidi alla scelta - nell’ultimo triennio - tra il percorso liceale e il percorso professionale. Quest’ultimo, con il compito sia di completare il curricolo secondario, sia di predisporre l’ingresso nel mondo del lavoro attraverso transiti didatticamente “assistiti”.
L’obbligo scolastico è di dieci anni (6-l6). Il percorso/Scuola si
conclude al diciottesimo anno di età (il più diffuso in Europa), e non più nell’anomalo diciannovesimo di cui il belpaese è un antiquato titolare.
Siamo al cospetto di un progetto di Riforma che ridisegna il nostro
senescente Sistema di istruzione e che scommette le sue fiches sulla
roulette del diritto allo studio: di ingresso e di successo formativo per
l’allieva e per l’allievo. Parliamo di una scommessa obbligata, se si mira a curare la malattia mortale - la Dispersione - che dissangua giorno dopo giorno la Scuola di casa nostra.

IL QUARTO AQUILONE: porta tra le stelle lAutonomia scolastica.
Sul portone d’ingresso della Scuola comprensiva vorremmo ben visibileuna parola al maiuscolo: Autonomia. Questa, conduce a un triplice traguardo formativo del Sistema di istruzione.
La prima bandiera-a-scacchi sventola nel nome dell’Allievo. Soltanto un’istituzione scolastica responsabilizzata a decidere le scelte delle
proprie offerte formative è in grado di cogliere e di rispondere tempestivamente ai bisogni dell’alunna e dell’alunno: le loro motivazioni, le loro attitudini, le loro speranze e utopie.
La seconda bandiera-a-scacchi sventola nel nome della Scuola.
L’Autonomia scolastica va elevata a punto di sintesi tra Stato, Regioni e Sistema di istruzione. Siamo sul ponte di raccordo tra le macrodecisioni che spettano al “centro” (al Ministero della pubblica istruzione) e le microdecisioni che spettano alla “periferia” (alla Scuola militante: responsabile della progettazione del Piano dell’offerta formativa).
La terza bandiera-a-scacchi sventola nel nome dei Luoghi dell’
apprendimento.
Da una parte, gli spazi a misura prossemica della Classe. Questa, é
titolare sia della disciplinarità, sia dell’unità didattica, sia dell’
individualizzazione dei percorsi curricolari. Siamo al cospetto del
Mastery learning. Ovvero, di una strategia di insegnamento a misura
cognitiva di ogni allieva e di ogni allievo.
Dall’altra parte, gli spazi a misura prossemica dell’Interclasse: ovvero,
dei centri di interesse, degli atelier e dei laboratori. Questi, danno voce e protagonismo all’interdisciplinarità, al progetto didattico e alla
ricerca di saperi inediti e inattuali.

IL QUINTO AQUILONE: fa girotondo con le conoscenze plurali e critiche.
Una moderna e diffusa Formazione rivolta alle giovani generazioni
costituisce un capitale culturale che nessuna nazione può permettersi
di trascurare o inaridire. Anche perché l’onda mediatica degli alfabeti
apre lo spettro di un pensiero/unico privo del controllo cognitivo dei
messaggi che affollano la cultura diffusa. Al punto da essere costretto
a pilotare una macchina della mente fuori-uso: inidonea a intercettare criticamente e a selezionare la cultura di massa.
Al cospetto di questi scenari “strappati”, la Scuola del nuovo Millennio ha il dovere di garantire competenze capaci di conservare a lungo le
conoscenze che evaporano precocemente dalle menti delle giovani
generazioni.
Nell’odierna stagione dell’omologazione e della standardizzazione dei saperi, il Sistema di istruzione è chiamato a ergersi da trincea ultima in difesa di menti plurali e critiche. Un baluardo possibile. A patto che
sappia dotare le infanzie e le adolescenze sia di una istruzione
socialmente spendibile (in quanto moneta cognitiva in corso), sia
di competenze fondate sull’imparare-a-imparare: complessuali e
trasversali.
Stiamo parlando delle chiavi di accesso alle domande di senso e di
significato che popolano la condizione esistenziale delle nuove
generazioni.

IL SESTO AQUILONE: sorride alla Scuola dove batte il cuore.
L’immagine che illustra uno dei tanti fallimenti della Scuola tradizionale
raffigura una scolara e uno scolaro che nel momento in cui stanno per varcare il suo portone vengono invitati a lasciare il loro “cuore” - i loro
linguaggi affettivi, emotivi, relazionali - fuori dai corridoi e dalle aule. Sulle loro pareti si può nitidamente cogliere la cronica sordità degli
insegnanti nel decifrare la domanda di aiuto delle prime stagioni della
vita. Come dire, raramente trovano ascolto e dialogo - a Scuola - i
linguaggi affettivi, emotivi e relazionali degli allievi. A partire dalle loro pulsioni vitali, dalle loro energie disordinate, dai loro slanci esistenziali. Occorre voltare pagina. Assegnando al plesso scolastico il compito di cancellare ogni traccia di incomunicabilità e di silenzio (genera un clima autoritario e direttivo) e di proporsi quale punto di incontro di ricche trame di aggregazione-disaggregazione-riaggregazione socioaffettive: cosparse di amicizia, di impegno e di cooperazione.

IL SETTIMO AQUILONE: le sue ali certificano la qualità dell’istruzione.
La Scuola non produce merci di scambio per il fatto che non indossa la veste di un’azienda. E un sistema formativo complesso che genera unbene” di nome Educazione. Questo, esige notevoli risorse finanziarie: basti pensare agli ineludibili investimenti da destinare all’edilizia scolastica e alle attrezzature didattiche.
In quanto sistema organizzato, il Sistema pubblico di istruzione non può sottrarsi dalle norme di accertamento (di verifica e di valutazione) della sua efficienza istituzionale e della sua qualità curricolare. I suoi polivalenti e complessi dispositivi docimologici sono destinati al controllo sia del rendimento degli allievi, sia dell’efficacia dei risultati formativi.
Il Sistema di istruzione ha il compito, pertanto, di documentare e di
fornire una diagnosi ecosistemica dei discenti. Percorso possibile, a
patto che gli allievi non siano misurati soltanto accertando i profitti
disciplinari: “sincronici”. Per i quali la Scuola può avvalersi dell’
Istituto nazionale di valutazione: Invalsi. Ma siano giudicati, anche,
nella complessità dei loro rendimenti cognitivi e relazionali
tramite pratiche valutative rigorosamente “diacroniche”.
Intendiamo affermare che il Sistema pubblico di istruzione delega
all’Invalsi la valutazione degli esiti disciplinari della sua utenza, ma
trattiene e custodisce nelle proprie mani l’accertamento - tramite
pratiche di autovalutazione - del rendimento complessivo della Scuola.
Sia quanto a capacità di mettere in campo curricoli multidisciplinari e
di ricerca trasversale e inquisitiva, sia quanto al suo porsi in-rete con
altri Sistemi di istruzione e con altre Istituzioni educative e culturali.
Infine, l’accertamento ecosistemico di un Plesso non può trascurare
il rigore del suo Piano dell’offerta formativa, la qualità dei suoi insegnamenti e la capitalizzazione della Formazione continua del suo policromo corpo docente.


Numero diciassette di "Riforma della scuola" Maggio 2014






Se la scuola che nasce è colta e democratica

Franco Frabboni



Il Disegno di Legge del Senato n.1260 (prima firmataria Francesca Puglisi) è salpato lungo le rotte del Parlamento sotto la bandiera di un Sistema integrato di educazione/istruzione zero-sei. Si parla finalmente della nostra isola prescolastica, da sempre plaudita come la più paradisiaca del vecchio Continente.
Alcuni hanno criticato questo Disegno di Legge perché il suo Sistema integrato - Stato, Enti locali e Privato sociale - “balcanizzerebbe” l’Asilo nido e la Scuola dell’infanzia. Sono critiche che ripartono dai temi del Referendum bolognese e dalle certezze assiomatiche che avvolgono chi lo promosse.
Invitiamo i lettori a leggere l’articolato del 1260, che per il suo profumo democratico e pedagogico, troverà a breve ostacoli durissimi da superare posti sul suo cammino da una Destra populista e incolta sempre pronta a inginocchiarsi al Mercato e al Mediatico e a tagliare, senza pudori, le risorse necessarie per la Scuola e per la Cultura.
L’infanzia sulla quale scommette l’articolato del Disegno di Legge non è quella omogeneizzata, ricettiva alle mode e affamata di consumi indotti.
Le sue bambine e i suoi bambini non sono precocemente tramutati nell’ immagine surrogatoria di soggetti/manichini dall’encefalogramma piatto.
La Scuola zero-sei ridisegnata dai 14 articoli della Legge é aperta alla molteplicità delle culture e dei valori dell’ambiente urbano ed ecologico, é partecipata dai genitori e dalle forze sociali, é progettata e condotta collegialmente dagli insegnanti, é disponibile all’inserimento e all’integrazione delle diversità (disabili, altre etnie), é articolata in percorsi formativi di sezione (gli angoli didattici) e di intersezione (i centri di interesse).

Parliamo del copioso patrimonio empirico che ha permesso alle contrade prescolastiche di farsi megafono di un modo nuovo di fare/Scuola. Di più. Il Disegno di Legge riporta alla memoria una Pedagogia popolare cresciuta sotto le torri e i campanili della penisola, a braccetto con la consorella accademica studiosa di teorie dell’apprendimento e di metodi dell’insegnamento. Entrambe hanno avuto il coraggio di contrapporsi, a testa alta, al colosso mediatico ed elettronico proteso a omologare - tramite specchietti per le allodole - il mondo di cose e di valori delle giovani generazioni. Lo scopo? Trasformarle in galline dalle uova d’oro per i mercati di una società vorace e insaziabile di esche alfabetiche di massa.
La Pedagogia “casareccia” simpatizza con un’immagine/altra di nuove
generazioni: reali, vive, autentiche. Presenze quotidiane di incontro con i coetanei e con gli adulti. Sfiorata soltanto dal vento dei mercati e delle mode didattiche (e dalla relativa spirale dei consumi), la Pedagogia popolare qualifica il suo elevato coefficiente formativo ponendo al centro l’Ambiente di vita degli allievi (urbano e non) quale primo sillabario, primo libro di lettura della realtà e dei suoi alfabeti. Parliamo di un Sistema di istruzione prescolastico - non certo a domanda individuale! - che si costruisce addosso, mattone su mattone, i tanti modi di essere Scuola aperta e democratica.